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sabato 4 luglio 2015

Mezzanotte a Pechino- Midnight in Peking di Paul French - Dear author is that seeking the TRUTH..???


A proposito del libro MEZZANOTTE A Pechino


Da molti anni raccolgo materiale per scrivere sulla storia poco nota degli Italiani in Cina e volevo raccontare ovviamente anche di Ugo Cappuzzo. Ugo era fratello di nonna (materna), Lidia. Passavo le estati da lei ed ci piaceva leggere assieme le lettere che lui aveva scritto ai suoi genitori (i miei bisnonni) dalla Cina. Era partito per la Cina nel gennaio 1933 appena sposato e grazie a Galeazzo Ciano dopodue mesi dal suo arrivo, aveva già assunto l'incarico di medico della Reale Legazione e della Reale Guardia a Pechino. Io assieme a nonna guardavo i timbri delle lettere con quei due caratteri, che allora non comprendevo, la scritta Beijing in cinese (anzi Beiping come allora si chiamava). Forse sono stati quei racconti e quei caratteri che hanno innescato il mio grande interesse per la Cina.

Poi è accaduto un fatto che mi  spinto a cominciare a scrivere.

Nel 2012 la casa editrice Penguin ha pubblicato un libro: Midnight in Peking. L’autore è Paul French, un inglese, che mi pare possedere quelle stesse caratteristiche degli avventurieri che popolavano la Cina degli anni ’30. Con la review del profilo, seguita al successo commerciale, lo vedo diventato "professore". Il libro in Italia è stato pubblicato dalla grandissima Einaudi col titolo "Mezzanotte a Pechino"; la versione italiana presenta tuttavia degli stralci rispetto a quella inglese. C'è una legge sulla diffamazione.

Il libro di French segue le tracce di un coldcase, un efferrato quanto brutale delitto avvenuto a Pechino l’8 gennaio 1937. Cosa inaudita–per quel tempo- era il fatto che la vittima fosse una bianca, una giovane donna inglese, figlia adottiva di un ex diplomatico ed emerito sinologo da tempo residente a Pechino.  Il corpo della ragazza squartato, eviscerato, dissanguato e sfigurato fu trovato sotto i bastioni delle mura di Pechino. Già da questi elementi è evidente che le modalità dell’omicidio non furono quelle di un “normale delitto” ma piuttosto quelle un atto di insana e mostruosa violenza. A ottanta anni di distanza questo è diventato lo spunto per proporlo ad una platea sempre più interessata alla Cina.

L’autore ha riproposto le ricerche compiute a quel tempo dagli investigatori ufficiali e quindi – una volta chiuso il caso senza colpevole/i, - dal padre della vittima che negli anni a seguire in autonomia  ha assoldato e pagato un suo team di investigatori. Nulla si dice né sulle fonti, né sui mezzi usati oltre a pagare per le notizie, né sulle persone rintracciate dopo anni dal fatto magari in un bordello in Manciuria. In questo confuso progredire, spunta una presunta quanto vaga testimone che cita Ugo Cappuzzo: una prostituta morfinomane. Quello presentato è un filo di "prove" che ai nostri giorni farebbe rabbrividire qualunque avvocato in qualsiasi aula di tribunale. Il padre ex-diplomatico inglese (allontanato dalla carriera) che a tanti si è rivolto per le sue istanze di verità, si è visto ogni volta prima accolto in quest sua ricerca ma poi  abbandonato. 

Ricordo ancora il tremendo colpo che ne ebbi quando lessi il nome di Ugo, tra coloro che French individua, con una serie di tortuose verità- come  membro dei ”compagni di merende alla Pacciani” che  avrebbero commesso il brutale delitto. Avventurieri, faccendieri, eroinomani, prostitute, sessuofobi, ermafroditi in un contorno di miseria terribile, di guerra, di odi razziali e nazionali, mentre il mondo cade a pezzi. E’ in questo scenario che French pesca ... la “verità” o almeno quella che lui ci presenta come tale!

Io non ero ancora nata quando tutto ciò avvenne- come French d’altronde-. Non ho dunque elementi per potere affermare  il contrario ma d’altra parte dopo ottanta anni mi domando chi potrebbe averli? chi potrebbe dopo tanti anni confutare "la presunta verità" di French? E' giusto fare operazioni di questo tipo?  Così ho finalmente scritto per provare che alcune delle cose dette (presenti nella versione inglese mentre nella versione italiana pubblicata da Einaudi- fortunatamente una casa editrice seria- sono stati omessi) sono totalmente false. Quando il fatto avvenne Ugo era appena rientrato da una missione nello Shanxi a Taiyuan dove era stato a più riprese per studiare sul campo le epidemie ricorrenti di tifo esantematico, una malattia trasmessa dai pidocchi. Rientrò a Pechino a fine dicembre 1936 perchè la moglie stava per partorire il terzo figlio (ne ebbe quattro) nato il primo gennaio 1937 e non la voleva lasciare sola. Subito dopo la nascita,  nel gennaio 1937 partì in missione per l'isola di Hainan via Hong Kong, una missione che gli era stata affidata da Galeazzo Ciano al quale indirizzò personalmente la relazione al suo rientro il 24 maggio 1937. Il 15 giugno 1937 la moglie e i figli partirono per il mare, per Beidaihe come era consuetudine tra i diplomatici. L'Incidente del ponte di Marco Polo del luglio 1937 li colse di sorpresa e li vede separati: riusciranno a riunirsi solo dopo un paio di mesi. Ugo fu in missione anche in Mongolia in verità ad Urumqi (oggi è lo Xinjiang) dove rischiò di essere trattenuto dai notabili locali che non volevano perdere "un medico". 

Il libro di French afferma che Ugo non si mosse mai da Pechino oltre ad altri fatti assolutamente errati (confutabili con prove)

Personalmente vedo nel libro Midnight in Peking con il suo carico voluto di splatter e di trash, solo una operazione commerciale di dubbio gusto e non eticamente corretta.
L’unico modo che ho per bilanciare quello che è stato scritto è dunque quello di descrivere e raccontare Ugo Cappuzzo attraverso le lettere che scriveva a casa. C'è poi un fatto importante, una prova terribile che ebbe a subire: l'arresto e la prigionia. Era il 25 luglio 1951, il giorno in cui quasi la metà dei residenti stranieri che ancora restavano a Pechino fu arrestata, quando fu preso nel suo ambulatorio mentre stava ancora operando un cinese e trasferito in carcere a Pechino. L'accusa fu di far parte di una rete di spionaggio americana e di avere effettuato esperimenti medici sulla popolazione cinese. Siamo in piena Guerra Fredda e la Guerra di Corea è scoppiata da poco. Ai Cinesi era noto che gli Americani non avevano voluto consegnare ai Russi per processarlo a Khabarosk, il generale a capo della famigerata Unita 731, i Mengele giapponesi che effettuarono tremendi esperimenti medici sui Cinesi. 
Durante la prigionia Ugo fu torturato e credo che sotto tortura gli sarebbe stato difficile “non confessare” la partecipazione al delitto di cui parla French. Nel frattempo il 17 agosto 1951 era stato fucilato Antonio Riva ed il giapponese Ruichi Yamaguchi. Ugo restò in carcere fino al 1954 e solo allora rientrò in Italia via Hong Kong a bordo del piroscafo Vittoria. 
Eppure quest’ultimo dato è proprio completamente sconosciuto all'autore, French, che "rimpatria" Ugo in Italia poco dopo l’omicidio senza fargli mancare però prima la gestione in Pechino sotto copertura di un bordello! Questo non è cercare la verità ma è trasformare i "si dice" in realtà.

Il mio scritto sarà il mio tentativo serio ed onesto per evitare che ancora una volta Ugo subisca un'accusa senza un processo giusto, un processo che travalica il tempo e lo spazio e che nessuna GIUSTIZIA di un paese democratico si permetterebbe mai nei confronti dei propri cittadini. Forse French ha preso le abitudini cinesi..

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